VINI DA MESSA | VINI LIQUOROSI
“Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo, che sarà dato a morte per voi, fate questo in memoria di me […] questo calice è il nuovo testamento nel mio sangue: fate questo, tutte le volte che ne berrete, in memoria di me”. Nella liturgia cristiana il vino si tramuta da bevanda a simbolo: simbolo di Rinascita, simbolo di Salvezza. Giovanni riporta le parole di Gesù: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno” e “dimora in me e io in lui” (Gv 6,54-56). L’Eucaristia è dunque pegno d’immortalità e sacramento di comunione con il Cristo.
Secondo la Chiesa cattolica, in ogni Eucaristia si rinnova il sacrificio di Cristo per il mondo, nuova alleanza di Dio con l’uomo: il Signore dà nuovo nutrimento agli uomini e nuova forza alla Chiesa, perché gli siano fedeli testimoni nelle vie del mondo, pronti a seguire con la propria vita la Sua vita, donata a beneficio a tutti. Sono tanti i riferimenti evangelici al vino. nel suo Vangelo Luca si paragona al “vino nuovo”, nel Miracolo delle Nozze di Cana Gesù tramuta l’acqua in vino, senza contare l’Ultima Cena, resa celebre dalle iconologie dei Grandi Maestri, dove la bevanda assume il valore della Santa Cena, che nella liturgia è rievocata, appunto, dalla Comunione. Dal punto di vista storico, il cruciale editto su quale tipo di vino debba essere utilizzato all’interno della messa ce lo dice il Codice di Diritto Canonico del 1917, poi rivisto nel 1983 sotto Giovanni Paolo II. Il canone 924 comma 3 dichiara che il vino deve presentarsi quale “genuino e non corrotto”, contenendo, insomma, soltanto uva, senza altri additivi. Al contrario di quello che si pensa, il vini da messa non devono essere necessariamente rossi (almeno per il rituale Cattolico, mentre in quello Ortodosso il rosso è d’obbligo), ma possono essere anche bianchi. Normalmente una bottiglia da 750 millilitri ha una durata di circa 25 giorni. A volte si adoperano vini liquorosi, come il Vin Santo Toscano, prodotto da vitigni Trebbiano o Malvasia.
La produzione di questo vino spetta spesso agli enti religiosi. Produttori sono per esempio il convento di Santa Chiara di Montefalco o i monaci dall’abbazia di Praglia, situata nei Colli Euganei. Altri vignaioli sono quelli romani del Convento Francese del Sacro Cuore o i Carmelitani Scalzi di Venezia. Ancora, si annoverano, in Alto Adige, i vignaioli dell’Abbazia di Novacella, in Trentino i Frati Francescani di Mezzolombardo, in Sardegna, a Villa Muscas, vi sono le suore della Compagnia delle Figlie del Sacro Cuore Evaristiane, in Piemonte, se ne occupano le suore dell’Istituto delle Figlie di San Giuseppe, che operano nel convento di Santo Stefano Belbo. Vi sono poi anche produttori “profani”, autorizzati dal Vaticano ogni due anni. A Marsala i principali sono Giuseppe e Florio Martinez, e anche l’azienda di Carlo Pellegrino, mentre in Piemonte si menziona il lavoro di Roberto Bava a Cocconato D’Asti.